Attentato sventato a Dečani
Nonostante i tentativi di attaccarlo, il monastero di Dečani rimane un baluardo per l’Europa.
È il 30 gennaio del 2016 quando a Dečani, città situata ad ovest del Kosovo molto vicina al confine con l’Albania, davanti allo storico monastero ortodosso, patrimonio dell’UNESCO, la KFOR ferma un’auto sospetta. È sera, le temperature sono rigide e per quella strada difficilmente passa qualcuno quando fa buio. I militari vedono una Volkswagen bianca con all’interno quattro uomini e, durante la perquisizione, trovano un AK47, una pistola e molte munizioni. Perché attaccare un monastero? Chi potrebbe volere la morte di quei monaci? A rivelarcelo sono le scoperte fatte successivamente dalla polizia: all’interno dell’automobile vengono rinvenuti testi sacri dell’Islam. Le tensioni in Kosovo non sono legate esclusivamente al conflitto etnico, vi è anche un’importante componente religiosa: questo è soltanto uno dei moltissimi attacchi che hanno subito i cristiani all’interno della regione dal 1999 ad oggi. Come vivono i monaci e gli uomini di fede questa terribile situazione? Lo abbiamo chiesto a loro quando, durante la nostra prima missione in Kosovo, abbiamo raggiunto il monastero passando dalla stessa strada percorsa dai terroristi in quella notte d’inverno esattamente un anno prima. La strada innevata ci ha portati all’ingresso principale della struttura, ci siamo subito accorti di quanto fossero alti i livelli di sicurezza. All’ingresso ci ha accolti Padre Isaija che, dopo una breve visita al monastero, tra un sorso e l’altro di rakia, ci ha raccontato dettagliatamente l’episodio: “Noi abbiamo le telecamere all’esterno e dopo abbiamo rivisto tutta la scena; alcuni ragazzi sono venuti qui su questa strada e hanno iniziato a parlare coi soldati chiedendogli indicazioni per un posto ma la polizia aveva già visto in città questa targa strana, perché non era di Dečani e nemmeno dei paesi limitrofi. Li stavano già tenendo d’occhio e li hanno arrestati sul fatto trovandogli in auto fucili, pistole e libri islamici. Avevano dei contatti con l’ISIS ma molti qui in Kosovo ne hanno. Le vedete le montagne qui dietro? Lì c’è un ristorante dove gli estremisti islamici si riuniscono, sempre da lì parte anche tutto il giro della droga. Queste persone sono state fermate moltissime volte ma non hanno fatto nemmeno un giorno di prigione!”
Questo è ciò che accade a Dečani, la città con il più alto tasso di disoccupazione del Kosovo e con un’elevata presenza di combattenti dell’UCK. Ma se nessuno lavora di cosa vivono? Ce lo ha spiegato sempre Padre Isaja nell’intervista: “Questo paese è molto importante per lo smercio della droga in Kosovo ed anche in tutta Europa[1], tra le montagne si annidano anche pericolosi terroristi che sono stati addestrati per combattere in Siria come foreign fighters. Ora stanno tornando verso il Kosovo e l’Europa dopo essere stati indottrinati ancor più convintamente dalle milizie dell’ISIS in Medio Oriente.[2]” Quale sarà il futuro di questo e degli altri monasteri se il Kosovo viene regalato all’Albania? La giustizia non fa il suo corso e i monaci sono spesso costretti a non andare in città e a recarsi in altri villaggi anche solo per fare la spesa, nonostante questo non si arrendono. Il coraggio di questi uomini di fede è d’esempio per tutti noi, con tenacia continuano ad aiutare tutti i membri della loro popolazione, quella serba.
[1] Redazione, “Il kosovo è il paradiso della mafia”. https://we.tl/t-nSoltPR1we. 16/01/2018. Web. 29/11/2018
[2] Redazione, “Belgrado: 800 foreign fighters per l’ISIS da Bosnia e Kosovo”. https://www.analisidifesa.it/2018/04/belgrado-800-terroristi-dellisis-da-bosnia-e-kosovo/. 27/04/2018. Web. 29/11/2018