Nigeria, la strage di cristiani non si ferma
Nigeria, la strage di cristiani non si fermaLa comunità cristiana non trova pace in Nigeria. Il paese dell’Africa occidentale è il primo al mondo per cristiani uccisi (3530 solo dal novembre 2019 all’ottobre 2020) e secondo solo al Pakistan per atti persecutori violenti. Nelle ultime due settimane, decine di cristiani hanno trovato la morte in Nigeria a seguito degli attacchi di gruppi fulani, un’etnia nomade molto diffusa nell’Africa occidentale, in buona parte di religione islamica sunnita e dedita principalmente all’allevamento del bestiame. A milioni in tutta la Nigeria, i fulani “adottano una strategia paragonabile a quella di Boko Haram e dello Stato Islamico, dimostrando il chiaro intento di prendere di mira i cristiani e i loro simboli identitari”, si legge in un rapporto del Gruppo parlamentare APPG. Gli attacchi dei fulani sono ispirati dal desiderio di impadronirsi delle terre dei cristiani, imponendo loro l’Islam anche a causa della desertificazione che ha reso difficile il sostentamento delle loro mandrie.
Una persecuzione che non trova tregua e che si è inasprita particolarmente in Nigeria centrale: il 20 maggio scorso, come riporta Morning Star News, a perdere la vita per un attacco di pastori fulani sono stati una donna 21enne, cattolica e madre di un bambino di 16 mesi, e suo nipote 19enne, membro di una Chiesa evangelica. Il marito della prima vittima ha denunciato: “La cosa triste è che ci sono soldati di stanza vicino al nostro villaggio, ma non hanno fatto nulla per fermare i pastori fulani […] Il governo non è stato in grado di affrontare questo problema e ogni volta che proveremo a difenderci, i soldati ci fermeranno”. Non si dimentichi, tra l’altro, che il presidente della Repubblica Federale della Nigeria, Muhammadu Buhari, è di etnia fulani.
La notte successiva alla duplice uccisione, poi, a trovare la morte sono stati altri tre cristiani: un sacerdote cattolico nel nord del paese e due membri della Chiesa evangelica rispettivamente di 26 e 44 anni. Anche in questo caso, come riferito da Morning Star News, gli esecutori sono mandriani di etnia fulani. L’uccisione del sacerdote, Alphonsus Bello di 30 anni, è seguita al suo rapimento insieme al reverendo Joe Keke, tuttora introvabile. Solo pochi giorni più tardi, l’ennesimo attacco dei pastori fulani ha provocato la morte di 22 cristiani in diversi villaggi dello stato di Plateau: un massacro che non ha risparmiato molti bambini e che fa seguito all’uccisione, sempre in Plateau, di altri 15 cristiani avvenuta ad aprile.
Sempre a fine maggio, un’altra strage. Un missionario e pastore 39enne, fondatore di una scuola cristiana nel villaggio di Kamberi, e suo figlio di tre anni sono le ultime vittime della guerra ai cristiani in Nigeria, mentre la madre e l’altra figlia sono riuscite a sfuggire all’attacco. “Il nostro fratello missionario, il pastore Leviticus Makpa, è stato ucciso con suo figlio”, ha detto al Morning Star News una testimone dell’attacco. Makpa prestava servizio in questo remoto villaggio dove mancava ogni forma di istruzione. “Ha fondato l’unica scuola cristiana nel villaggio e ha sollevato molte anime” – ha detto un suo collaboratore – “Il suo sangue testimonierà sulla terra e contro un governo islamista corrotto in Nigeria”. Come riportato dal giornalista Giulio Meotti nel suo sito meotti.substack.com, in paesi come la Nigeria è in corso uno sterminio pianificato delle comunità cristiane (1.370 vittime solo dall’inizio del 2021). In quei villaggi dove – scrive Meotti – “essere cristiani equivale a vivere con un bersaglio sulla schiena”, a cui “L’Osservatore Romano dovrebbe dedicare una tuonante prima pagina di denuncia. I talk show, anziché il salotto dei virologi, per una sera dovrebbero dedicare spazio a questa tragedia dei cristiani uccisi in” “odium fidei”. I politici, oltre a spingere per la propria eterna candidatura, dovrebbero per una volta intestarsi una campagna di sensibilizzazione e di solidarietà su questi piccoli martiri senza nome e senza volto”.
A cura di Marco Da Pozzo