In memoria del genocidio armeno
Il 24 aprile 1915 segnò la data d’inizio ufficiale del genocidio armeno. Quel giorno, che coincise con l’arresto di alcuni intellettuali di Costantinopoli, fece seguito agli eccidi di cui furono vittime gli armeni di Anatolia e Cilicia a partire da fine Ottocento. Quei primi massacri, avvenuti sotto il sultano Abdul-Hamid II tra il 1894 e il 1897, provocarono decine di migliaia di morti, dopo secoli in cui gli armeni di Turchia avevano vissuto in una sostanziale tolleranza sotto l’impero ottomano. A peggiorare definitivamente la loro condizione fu l’avvento al potere dei Giovani Turchi, un movimento politico nazionalista che prese il potere nel 1909. Proprio in quell’anno, più di trentamila armeni furono uccisi nell’antica regione della Cilicia. In quanto non musulmani, gli armeni vennero considerati sempre più cittadini di grado inferiore, fino allo scoppio della Prima guerra mondiale che segnò irrimediabilmente il loro destino. Il potere ottomano temeva una possibile alleanza tra gli armeni e i russi nella guerra, altro fattore che, a conflitto ormai in corso, portò all’avvio della campagna per l'”Aksor”, il genocidio armeno. Dopo i rastrellamenti dell’elite armena di Costantinopoli, avvenuti nella notte tra il 23 e 24 aprile 1915, il 29 maggio successivo fu approvata la Legge Tehcir (dal turco, “deportazione, sfollamento forzato”), che avviò ufficialmente deportazioni e confische. Agli armeni prelevati in casa veniva detto che sarebbero stati trasferiti in campi di raccolta costruiti per loro, ma questi campi non esistevano, l’unico obiettivo dei turchi era liberarsi di essi. Gli uomini armeni venivano divisi dalle donne e dai bambini: i primi venivano uccisi quasi subito, donne e bambini costretti alle “marce della morte” sulle montagne o nel deserto siriano, spesso lasciati morire di fame e di sete. Durante le deportazioni, che furono compiute in massima parte dai Giovani Turchi, accanto alle violenze “tradizionali” si verificarono anche stupri di gruppo. Tra il 1915 e il 1916 il genocidio armeno causò circa un milione e mezzo di vittime, a fronte di un numero di armeni presenti in Anatolia tra 1,7 e 1,8 milioni fino al 1914. Un olocausto rimasto nell’oblio per tanto e troppo tempo, con la Turchia che ha sempre negato il genocidio. Nessun risarcimento per il popolo armeno, nessun tribunale speciale per i responsabili degli eccidi (alcuni solo condannati in contumacia da un tribunale militare). Una drammatica pagina di storia ingiustamente rimossa e dimenticata, incomprensibilmente non “meritoria” di conoscenza collettiva.
Anche di recente, con la ripresa della guerra in Nagorno Karabakh, il popolo armeno ha rivissuto gli spettri del suo passato: nella storica regione e autoproclamata repubblica dell’Artsakh, l’esercito dell’Azerbaigian supportato dalle forze turche ha preso il controllo di larghe fette di territorio. Tanti hanno perso tutto, tornando con la mente ai propri antenati: dagli sfollamenti forzati alla morte dei propri cari, fino alla distruzione dei simboli cristiani di quelle terre. Una Voce nel Silenzio, in missione tra l’Armenia e l’Artsakh poche settimane fa, ha portato la propria solidarietà al popolo armeno colpito dalla guerra, visitando anche il Memoriale del Genocidio eretto a Erevan. Perchè il “Metz Yeghérn”, il “Grande Male” non torni più, né mai sia dimenticato.
A cura di Marco Da Pozzo
Riferimenti:
– grandeguerra.rai.it/articoli/il-genocidio-degli-armeni/28731/default.aspx?rel=author
– it.wikipedia.org/wiki/Genocidio_armeno
– destra.it/home/genocidio-armeno-la-memoria-dellaksor-il-grande-male/