Artsakh, una guerra che non fa notizia
Mentre la guerra russo-ucraina non trova soluzioni di pace dopo un mese di combattimenti, ci sono altri conflitti silenziosi e duraturi che non godono di interesse mediatico. In Artsakh, regione storicamente armena e Repubblica autoproclamata, la guerra dell’autunno 2020 con l’Azerbaigian rivive periodicamente nonostante l’accordo di tregua del 9 novembre 2020 mediato dalla Russia. Una pace firmata ma ripetutamente violata dall’esercito azero, che negli ultimi giorni ha continuato a portare avanti la propria offensiva nei territori armeni. La fornitura di gas all’Artsakh è quasi cessata nelle ultime settimane, complice un guasto al principale gasdotto che approvvigiona la Repubblica e le difficoltà nella riparazione causate dai continui blocchi dell’esercito azero. Tutto questo in un clima rigido che sta costringendo decine di migliaia di armeni dell’Artsakh a riscaldarsi con la legna senza poter usufruire del gas naturale anche in luoghi come scuole e ospedali. Ieri, qualche giorno dopo l’inaugurazione – tutt’altro che distensiva – dell’ennesima base militare nei territori occupati alla presenza del presidente azero Aliyev, le forze armate azere (contravvenendo a un’ulteriore tregua) hanno bombardato sistematicamente i villaggi sul lato armeno e violato la linea di contatto in direzione del villaggio di Parukh di Askeran, occupandolo. Donne e bambini della vicina comunità Khramort del distretto di Askeran sono stati evacuati dalle forze di pace russe per motivi di sicurezza e si sono organizzati gruppi di milizia popolare. Nella scorsa notte, i combattimenti sono proseguiti intorno a Parukh provocando cinque morti azeri (le cui forze avrebbero usato anche droni suicidi).
Le zone in cui si è sviluppata l’ultima offensiva azera sono poi di importanza strategica: il villaggio di Parukh porta direttamente all’altura del Karaglukh, estremamente rilevante in quanto da lì sono visibili tutti gli insediamenti, da Askeran a Stepanakert.
Nella sua dichiarazione, il ministro degli Esteri dell’Artsakh, Davit Babayan, ha illustrato la drammaticità della situazione: “Tutte queste azioni compiute dall’Azerbaigian non sono altro che una politica di pulizia etnica orchestrata dallo Stato volta alla completa espulsione degli armeni dall’Artsakh. Gli obiettivi geopolitici dell’Azerbaigian sono evidenti: intimidire il popolo dell’Artsakh, attaccare la missione russa di mantenimento della pace, fare della Transcaucasia una piattaforma di panturchismo ed estremismo per l’attuazione di programmi di espansione in futuro. Chiediamo alla comunità e alle organizzazioni internazionali specializzate di condannare nei termini più severi la politica anti-armena dell’Azerbaigian. L’indifferenza e la non azione avranno le conseguenze più gravi per il mondo intero. Il popolo di Artsakh rimane saldamente radicato nella sua terra. Non abbandonerà mai la sua patria e non cederà mai alla bassezza e agli insidiosi trucchi del nemico”.
Altre richieste sono state presentate dal Rappresentante dell’Armenia agli Affari Internazionali, Yeghisheh Kirakosyan, alla Corte europea dei diritti dell’uomo e alla Corte internazionale di giustizia. Che il mondo si faccia davvero sentire: il popolo armeno dell’Artsakh non vale meno di altri e ha diritto a vivere in pace.
(riscalda i bimbi dell artsakh)