Gaza sotto attacco
È di nuovo guerra aperta tra Gaza e Israele. Dopo le incursioni delle forze israeliane nella Spianata delle Moschee, volte a reprimere la presenza dei palestinesi e la solidarietà verso le numerose famiglie di Sheikh Jarrah (quartiere arabo di Gerusalemme Est dove i coloni ebrei rivendicano il possesso delle abitazioni con espulsioni forzate), negli ultimi giorni la violenza nella regione si è allargata vivendo un continuo crescendo. Da una parte l’esercito di Israele, che ha bombardato Gaza distruggendo grandi edifici residenziali e uccidendo quaranta persone, di cui almeno dieci bambini; dall’altra Hamas e il Movimento per il Jihad Islamico in Palestina che, con il lancio di razzi e colpi di mortaio, hanno attaccato le città di Tel Aviv e Ashkelon provocando cinque vittime. Violenti scontri si sono verificati anche a Lod (città a est di Tel Aviv), dove sono rimasti uccisi un ebreo e un palestinese.
Svariate centinaia di feriti, tensione alle stelle e continue minacce fanno da sfondo a uno scenario sempre più preoccupante che sta toccando i massimi livelli di violenza dall’ultima guerra nella Striscia di Gaza del 2014.
L’aggressione israeliana è stata fortemente condannata dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che ha esortato Israele “a cessare le demolizioni e gli sfratti, in linea con i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale umanitario”. Parole inascoltate dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha dichiarato: “Hamas e la Jihad islamica pagheranno un prezzo molto pesante per la loro belligeranza”. “Israele ha nel mirino molti altri obiettivi da colpire a Gaza” gli ha fatto eco il ministro della Difesa Benny Gantz.
Condanne alle violenze sono arrivate anche dal Patriarcato Latino di Gerusalemme: “Le azioni che minano la sicurezza dei fedeli e la dignità dei palestinesi soggetti agli sfratti sono inaccettabili” – si legge in un comunicato – “La crescente tensione, sostenuta principalmente da gruppi radicali di destra, mette in pericolo la già fragile realtà dentro e intorno a Gerusalemme. Chiediamo alla Comunità Internazionale e a tutte le persone di buona volontà di intervenire per porre fine a queste azioni provocatorie, nonché di continuare a pregare per la pace di Gerusalemme”.
Adesso, purtroppo, come non inquadrare la ripresa del conflitto in una più ampia e profonda questione coloniale e di pulizia etnica? I palestinesi meritano giustizia, perché, parafrasando un ritornello molto di moda, anche “le loro vite contano”.