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Ragazzine torturate e connivenza dello Stato: l’intolleranza religiosa in Pakistan

Pubblicato da: UVNS 0 Commenti

Nell’ultimo rapporto di Porte Aperte, il Pakistan è risultato il quinto paese al mondo per livello di persecuzione nei confronti dei cristiani. Particolarmente vulnerabili, nella Repubblica Islamica del Pakistan – dove vivono circa 4 milioni di cristiani su oltre 210 milioni di abitanti – sono le giovani donne cristiane. In un contesto in cui l’oppressione islamica tende a livelli estremi, le ragazze pachistane cristiane sono esposte al rischio quotidiano di rapimenti e stupri, spesso costrette a sposare i loro aggressori e a convertirsi forzatamente all’Islam. Del Pakistan sono inoltre note le leggi anti-blasfemia, strumento di oppressione verso i cristiani e difese con forza dai gruppi estremisti islamici. Leggi, queste, che di fatto continuano ad autorizzare violenze e umiliazioni anche contro bambine e giovanissime. I casi di ragazzine rapite, abusate e costrette alla conversione all’Islam sono in forte aumento in Pakistan e creano raccapriccio. Nell’ultimo numero di “Tempi” se ne citano alcuni, tra cui quello di Farah, dodicenne cattolica rapita, convertita all’Islam, stuprata, sposata a forza e incatenata da un uomo di 45 anni. Sparita la scorsa estate, la polizia ha raccolto la denuncia di suo padre solo a dicembre, quando fu trovata nella casa del suo aguzzino incatenata come un animale. La piccola Farah, traviata dalla terribile esperienza, aveva detto alla polizia: “Sono la sua schiava”, prima di dichiarare davanti ai magistrati: “L’ho sposato e ho abiurato liberamente, riportatemi da lui”. Successivamente, la dodicenne non era stata restituita al padre, ma condotta in un centro di accoglienza del governo dove, dopo la consegna di un rosario islamico, le erano state insegnate delle preghiere. Nonostante le proteste del padre, poi, il giudice fece cadere tutte le accuse nei confronti del rapitore, non chiedendo a Farah neppure il motivo per cui quell’uomo la tenesse in catene.

Come dichiarato a Tempi da Shahid Mobeen, fondatore dell’associazione Pakistani cristiani in Italia, “Nel 2019 erano mille, nel 2020 sono raddoppiati: duemila i sequestri registrati tra ragazzine cristiane e indù, numeri confermati dalla Human Rights Commission of Pakistan, commissione indipendente le cui alte cariche sono ricoperte da uomini e donne di fede islamica. Il copione è sempre lo stesso, i predatori scelgono ragazzine tra i 12 e i 15 anni, giustificando con la conversione all’Islam e la salvezza delle anime la violenza sessuale nei confronti di minorenni. Un crimine che arriva a godere di sostegno istituzionale e legittimità in un paese dove i musulmani rappresentano il 95 per cento della popolazione. Non scelgono donne anziane o adulte da riconoscere come madri o sorelle nella fede, ma ragazzine vulnerabili provenienti da comunità emarginate in patria, da rivendere dopo qualche anno sul mercato della prostituzione in Cina o negli Emirati Arabi”. In Pakistan, ad alimentare i matrimoni forzati è una vera e propria mafia composta da imam, magistrati, poliziotti corrotti. Dove i centri di accoglienza per le giovani vittime in attesa della sentenza sono luoghi preposti a rafforzare la conversione islamica e, prosegue Mobeen, “Non esiste una legge che protegge le minorenni dagli stupri, quelle esistenti sono pieni di lacune e non impediscono matrimoni e conversioni forzate”. Contro questa intolleranza e le sue terribili conseguenze, ci vorrà il coraggio di Shahbaz Bhatti – politico cattolico ucciso nel 2011 da un gruppo talebano per aver difeso Asia Bibi e combattuto la legge sulla blasfemia – affinché i cristiani del Pakistan possano finalmente vivere in pace.

A cura di Marco Da Pozzo

Riferimenti:

http://www.porteaperteitalia.org

Tempi

 

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